La rieducazione nelle carceri al centro della ricerca del Liceo Carducci di Roma
A distanza di cinque anni dalla partecipazione al progetto “A Scuola di OpenCoesione”, Paola e Lorenzo, i project manager del team M.U.R.O. – acronimo di Muoviamoci Uniti Ricercando Oltre – si emozionano ancora nel raccontare la loro esperienza di monitoraggio civico. Perché ASOC, dicono, “ci ha cambiato la vita”.
Tutto nasce dall’idea di monitorare, all’interno dell’edizione 2017-2018 di ASOC, il progetto COL (Centro Orientamento Lavoro) Carceri di Roma Capitale, relativo all’inserimento degli ex detenuti nel mondo lavorativo. Con una motivazione precisa: contribuire a ridurre i pregiudizi sugli ex-detenuti e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della rieducazione.
I ragazzi del team M.U.R.O, coordinati dalla professoressa Barbara Festuccia, costruiscono così una ricerca accurata che non si sofferma solo sulle specificità del progetto monitorato, ma apre una finestra anche sul contesto più ampio della rieducazione nelle carceri italiane e della riabilitazione delle ex-detenute ed ex-detenuti. Lorenzo Ceverini oggi è laureato in Relazioni internazionali e sta frequentando il corso di laurea magistrale in Scienze della Politica.
“Chi comincia un percorso di lavoro dentro il carcere e ha la possibilità di seguirlo fuori – spiega – torna a delinquere solo nell’uno per cento dei casi. È anche da questo dato significativo che siamo partiti per la scelta del tema della nostra ricerca. Un lavoro che ha orientato le mie scelte di studio all’Università, perché è proprio grazie ad ASOC che ho compreso l’importanza della cittadinanza attiva nei contesti delle politiche pubbliche, soprattutto quelle che hanno a che fare con aspetti così rilevanti del nostro ordinamento costituzionale e democratico come quello della riabilitazione degli ex detenuti”.
Il lavoro di monitoraggio civico del team, supportato anche dall’associazione degli Amici di ASOC Rising–Pari in genere, si articola non soltanto attraverso la raccolta e analisi di dati reperiti sui siti web del ministero di Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ma anche mediante interviste a operatori del servizio COL Carceri ed esperti del settore come il garante dei diritti dei detenuti del Lazio e dell’Umbria, docenti presso istituti penitenziari, referenti di associazioni Onlus.
Nel report pubblicato su Monithon, gli studenti giudicano il progetto “potenzialmente efficace ma con problemi” (ovvero complessivamente utile ma con debolezze o rischi che ne possono pregiudicare l’efficacia, non legati a ritardi o problemi realizzativi).
Il servizio COL Carceri, si legge nel report, si serve di uno sportello che svolge bene la funzione di mediazione occupazionale, contribuendo ad abbattere il pregiudizio verso detenuti e immigrati.
Però, secondo i ragazzi, il servizio potrebbe rivolgersi a un pubblico più ampio, sia per quanto riguarda la consulenza specifica, sia per promuovere una maggiore sensibilizzazione dei cittadini sull’argomento, anche attraverso l’organizzazione di eventi e conferenze ad hoc. Inoltre, l’integrazione nel mercato del lavoro degli ex detenuti, in particolare degli immigrati – che rappresentano oltre il 40% della popolazione carceraria nel Lazio – “potrebbe essere più efficace”. Buona parte dei detenuti, si legge nelle conclusioni della ricerca del team, non possiede una specializzazione e lavora esclusivamente in carcere come manutentore o come giardiniere.
A pochi viene data la possibilità di lavorare dentro e fuori le strutture penitenziarie, in quanto pochi ricevono una formazione a eccezione dei detenuti che lavorano per le cooperative sociali, come quelli della torrefazione del “Caffè Galeotto” e di “Fine pane mai” di Rebibbia.
Ecco allora le proposte del team per rendere più efficace il progetto COL Carceri, ben sintetizzate anche nel video dell'elaborato creativo finale del team: diffondere in modo più capillare informazioni sui servizi a sostegno del lavoro e sui bandi, aumentare la presenza di operatori specializzati anche in altri centri COL sul territorio di Roma, organizzare conferenze pubbliche per favorire la sensibilizzazione dei cittadini sui soggetti svantaggiati.
Coerentemente con quanto proposto, i ragazzi del liceo Carducci si sono dati un gran da fare nel prendere parte a iniziative di sensibilizzazione sul tema, come il docufilm Rebibbia 24 in cui compaiono, e nell’organizzare incontri ed eventi pubblici, come quello del 7 febbraio 2018, intitolato “Carceri senza sbarre”, che ha coinvolto un gran numero di partecipanti in un’approfondita riflessione sulla validità delle misure alternative come prevenzione delle recidive del crimine.
La professoressa Barbara Festuccia, docente di Filosofia e Scienze Umane che ha coordinato il lavoro degli studenti, rimarca l’importanza del tema.
“Grazie ai dati raccolti durante la ricerca di monitoraggio – spiega – gli studenti hanno imparato a guardare la realtà sotto una lente diversa.
Per esempio, sapere che il tasso di recidiva, ovvero il numero di ex detenuti che tornano a delinquere una volta terminata la pena, è nettamente inferiore nel caso di detenuti affidati ai servizi sociali, ci ha illuminati sulla necessità sempre più stringente di promuovere la rieducazione e la cultura nelle carceri”.
Paola Parete oggi ha 22 anni ed è iscritta al quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione primaria all’università Sapienza di Roma. “Il lavoro svolto in ASOC incentrato sul tema della rieducazione – dice – mi ha fatto capire quanto fosse importante focalizzare le mie aspirazioni future sull’educazione. Ecco perché ho scelto di studiare per diventare insegnante, convinta di quanto la cultura sia fondamentale non solo per la crescita di ognuno, ma anche per dare una speranza in più a chi vive in condizioni difficili”.
Non è un caso che i risultati della ricerca del team M.U.R.O. siano stati riproposti, a un anno di distanza dalla conclusione del percorso didattico svolto in ASOC, all’interno della kermesse culturale “Libri Come – Festa del libro e della lettura” all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in un evento dedicato svoltosi il 16 marzo 2019. Il messaggio che i ragazzi lanciano in occasione dell’evento è semplice ma di grande impatto: “La rieducazione rende liberi!”.
“Ancora oggi – racconta Paola – quando i professori all’Università ci chiedono di presentarci e di motivare la scelta di seguire un corso di studi sulla formazione primaria, io parlo del percorso di cittadinanza attiva fatto con ASOC, perché mi ha cambiato la vita, la visione del mondo e del mio futuro”.
Un percorso che gli ex studenti del liceo Carducci continuano a mantenere ancora vivo dopo cinque anni, scambiandosi idee ed esperienze e frequentando convegni sul tema: l’ultimo nel dicembre 2022, all’Università Sapienza di Roma, dedicato all’importanza della cultura nelle carceri. Ancora, sempre, assieme alla loro (ormai ex) professoressa Barbara Festuccia.